Relatore
CLAUDIA ENRICA PONTI
Systematica srl
In qualità di professionista che si occupa di pianificazione dei trasporti affronto quotidianamente la sfida di coniugare forma e contenuti - secondo le richieste dei processi istituzionali e le necessità divulgative per i dibattiti pubblici - dei piani e programmi in esame.
Sebbene gli aspetti più specificatamente cartografici siano integrati all’interno delle procedure relative al territorio (ad esempio i piani di coordinamento territoriale), il racconto di uno studio e/o di una visione trasportistica non può prescindere dalla rappresentazione per mappe tematizzate.
Con tematismi, mappature ed infografica si cerca di proporre un immaginario rappresentativo che, se per i cartografi è esercizio quotidiano a partire da una buona carta tecnica , per la cittadinanza (e gli uditori non tecnici) richiede uno sforzo creativo non sempre compatibile con le risorse disponibili nell’ambito dei processi partecipativi.
Volontariamente escludendo le tecniche di rendering e visual gaming offerte dalle più recenti ed innovative tecnologie, il trasferimento della riflessione tecnica ai non tecnici e viceversa, rappresenta sempre una sfida impegnativa e non ripetitiva.
L’”AFFRESCO DI GENOVA” è un esempio di successo, sia per i contenuti che per la sua realizzazione grafica, sufficientemente evoluto ma fortemente poetico come solo un artista quale Renzo Piano poteva elaborare. Il connubio perfetto fra tecnica e capacità visionaria: giusto, pulito, rigoroso ma non scontato.
Capire i punti di forza e le innovazioni che hanno reso possibile questo affresco potrà essere utile per i pianificatori ad elaborare visioni all’altezza del proprio ruolo?
La necessità di confronto da parte dei “praticanti” - ovvero i tecnici che necessitano l’utilizzo di questo linguaggio - con il mondo della teoria e della ricerca cartografica può riportare la discussione ad un livello costruttivo e proattivo anche nella scuola?
«Perché affresco? Perché abbiamo lavorato di getto, velocemente, incoscientemente. Negli affreschi si riconoscono anche i momenti di ripensamento dell’artista. Molti sono rimasti delusi, perché si aspettavano di trovare questo progetto alla mia mostra di Porta Siberia. Rivolevano indietro i soldi», sorride Renzo Piano, «questa è una buona cosa, è segno che la città ha carattere».
«Io mi sento un po’ come Quasimodo: lui intrappolato a Notre Dame, io intrappolato nel Porto di Genova. Abbiamo cominciato 18 anni fa a lavorarci e nessun sindaco ha mai tradito questo luogo: c’è sempre stata convergenza. Anche questa volta tutte le istituzioni hanno collaborato. Io ho ascoltato tutti, ma non ho obbedito a nessuno. Nel corso degli anni sul porto si è detto tutto e il contrario di tutto. È stato fonte di litigi e discussioni proprio perché è il bene della città, è la sua ricchezza».