Relatore
Arturo Gallia
Laboratorio geocartografico "Giuseppe Caraci", Università Roma Tre - Studi Umanistici
Le isole minori italiane rientrano oggi nel quadro delle “Aree interne”, ovvero nella classificazione proposta dall’Agenzia per la Coesione Territoriale i comuni microinsulari si trovano in posizione periferica rispetto a «centri di offerta di servizi» e sono tutti definiti «periferici» o «ultraperiferici». Questo rapporto centro-periferia indubbiamente influisce negli aspetti sociali ed economici delle società insulari. L’economia è basata prevalentemente sul turismo stagionale legato alle attività marine nel solo periodo estivo, mentre il resto dell’anno registra un forte decremento demografico. Negli ultimi anni, le isole minori italiane sono oggetto di attenzione e di politiche volte ad uno sviluppo economico durevole che consenta di mitigare la condizione di periferia. Tuttavia, sembra mancare un’azione complessiva che favorisca la creazione di un “sistema isole”, mentre in genere si tratta di azioni puntuali che interessano un territorio insulare singolo senza considerare l’arcipelago di appartenenza e prevalentemente di natura esogena e di tipo “top-down”.
La grande lontananza in termini spaziali, nonché l’appartenenza a bacini marini distinti non possono essere un limite per considerare le isole minori come un sistema complesso avente caratteristiche comuni, poiché soprattutto le telecomunicazioni permettono oggi di contrarre le distanze e mitigare la condizione di insularità/insularismo e riformulando l’accezione di îléité.
Inoltre, la lettura geostorica delle isole minori italiane può favorire ulteriormente la rottura dello schema centro-periferia. Infatti, uno sguardo diacronico, dall’età moderna ad oggi, permette di comprendere l’evoluzione del ruolo dei territori insulari tirrenici e adriatici. Ricalibrando le categorie di insularità e insularismo anche alla luce delle caratteristiche delle comunicazioni in età moderna e analizzando gli interessi rivolti dai diversi sovrani per le isole più piccole, è possibile definire un quadro ben diverso dall’attuale, dove il controllo dei territori microinsulari era strategico nell’assetto geopolitico mediterraneo ed esistevano reti di collegamenti mercantili in cui le isole minori non rappresentavano solo tappe di sosta, ma erano nodi commerciali fondamentali. Queste reti mettevano in comunicazioni realtà politiche distanti e spesso contrastanti, affiancando connessioni certamente più strutturate ma offrendo tipologie merceologiche di alto valore (ad esempio, corallo, spugne e aragoste). Con la formazione degli stati nazionali, queste reti hanno risentito fortemente della netta suddivisione degli spazi marittimi, scomparendo progressivamente e dando luogo ai rapporti certo-periferia.
L’intervento, attraverso una lettura cartografica di lungo periodo, vuole ricostruire il ruolo nodale delle isole minori italiane in età moderna, focalizzando l’attenzione sul bacino tirrenico, e, mediante una lettura diacronica, vuole cercare di comprendere l’evoluzione delle isole da nodo a periferia e le principali cause e conseguenze di questo processo.