Relatore
Luisa Carbone
Università degli Studi della Tusci - Dipartimento di Scienze Umanistiche, della Comunicazione e del Turismo
L’intervento si propone di affrontare il tema del Waterfront redevelopment che interessa Beirut, ovvero il processo in atto che prevede non solo la riqualificazione del suo porto, che da alcuni anni punta a riqualificarsi come approdo regionale per il Mediterraneo orientale, ma il ripensamento delle funzioni degli spazi urbani, il riordino dei frammenti di una società fondata sul multi˗confessionalismo politico e religioso, al fine di sviluppare un tessuto territoriale in rapporto al mare. Una metamorfosi che deve tener conto delle difficoltà logistiche inerenti alle ridotte dimensioni del porto che ancora frenano le sue potenzialità di scalo regionale e scatenano dibattiti nazionali e internazionali in materia di riqualificazione urbana, per questa operazione di ricucitura città-costa, che in alcuni casi vede l’erosione progressiva di alcuni spazi urbani e in altri l’avanzamento di quest’ultimi sul mare.
In passato la capitale libanese era famosa per il lungomare, le palme dei viali, i caffè, i ristoranti, il Casinò di St. Georges, con la guerra civile (1975 - 1991) e la divisione della città in Ovest˗Est, l’area è diventata una discarica, letteralmente una montagna di spazzatura che si è protesa nel mare. Oggi percorrere la passeggiata sul lungomare denominata Shoreline Walk, è ripercorrere emotivamente e fisicamente una storia scandita da periodi di pace e periodi di guerra che lascia intravedere la cosiddetta «formula libanese» una delicata miscela di diverse identità. Ad un Masterplan è affidato il compito di ricreare il consenso e delineare le linee guida del piano della ricostruzione di Beirut, attraverso la demolizione di alcune zone e la preservazione di altre, per cui l’area della discarica è stata bonificata, la montagna è stata abbattuta e usata come terra da riporto, per ospitare un nuovo quartiere che si possa protendere fino alla battigia e ricollegare i pezzi di una vecchia costa e di un nuovo paesaggio che si riappropria del proprio mare, ridisegnando il Waterfront.
L’intervento oltre a delineare le fasi di questa delicata, ma incessante ricostruzione, ha l’obiettivo di affrontare il ruolo principale assunto dalla cartografia nel rispecchiare una volontà quasi ossessiva di pulire, risistemare e riordinare il caos, la cappa malsana di polvere da sparo che per anni ha coperto la terra e il mare del Libano. Per molti versi le trasformazioni urbane e portuali di Beirut incarnano la profezia di Harvey sul legame che unisce finanza, capitalismo, rappresentazione e sviluppo urbano, mostrando come la città cresca conseguentemente all’attività d’investimento nell’ambiente costruito. A supporto delle affermazioni e ipotesi di ricerca verranno discusse le rappresentazioni cartografiche e le relative politiche di sviluppo che riguardano progetti urbani e costieri inerenti alle aree industriali adiacenti la zona portuale di Beirut, come Medawar-Quarantine e progetti di espansione sul mare come ad esempio Cedar Island, ideata sul modello delle isole delle palme di Dubai, Emirati Arabi Uniti.